Storia del Graphic Design
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Il concetto di “graphic design” fece la sua prima apparizione nel 1922, nel saggio “New kind of printing calls for new design” di William Addison Dwiggins, un designer di libri. Dwiggins utilizzò il termine design per descrivere come aveva organizzato e gestito le immagini nelle sue opere, introducendo così il concetto di graphic design. Dalla sua prima menzione, il graphic design ha subito una costante evoluzione nel corso del tempo.
Ma partiamo dall’inizio: quando ha avuto origine?
Saltando la storia più antica della grafica e della comunicazione, che affonda le radici dalla Grotta di Lascaux e dai geroglifici, concentriamoci su un periodo più recente, ovvero l’epoca in cui la città ha preso il sopravvento sulla campagna durante la rivoluzione industriale.
Verso la fine dell’Ottocento, la progettazione grafica, così come la conosciamo oggi, ha cominciato a entrare a pieno titolo nella vita quotidiana delle persone. Libri, riviste, manifesti e pubblicità venivano riprodotti e distribuiti su larga scala per raggiungere un pubblico sempre più ampio. Questo è stato possibile grazie all’invenzione delle macchine tipografiche, che hanno reso il processo di stampa più rapido ed economico, grazie soprattutto a Gutenberg, l’artefice della prima “arma di istruzione di massa”.
A Parigi, nasceva una nuova professione, quella dell’ “affichiste“, con Jules Chéret e Henri de Toulouse-Lautrec protagonisti nella creazione del manifesto moderno. Questo mezzo di comunicazione evidenziava la connessione tra grafica e belle arti, trasformando il testo in un elemento decorativo ed estetico.
Nel frattempo, a Livorno, Leonetto Cappiello, trasferitosi a Parigi, inserisce in modo naturale il suo stile unico nella corrente artistica parigina, sviluppando un linguaggio abitato da folletti, mascherine e diavoletti. Altri artisti del cartellone pubblicitario capirono la necessità di abbandonare lo stile illustrativo per adottare un approccio più moderno, in linea con l’evoluzione dell’industria e del gusto del pubblico.
L’erede di questa esperienza fu un altro italiano, Severo Pozzati, noto come Sepo. Con lui, il prodotto assumeva il ruolo centrale nella comunicazione, mentre l’Art Nouveau lasciava spazio al Futurismo e al Cubismo. La necessità di comunicare non solo il prodotto, ma anche il brand, diventava sempre più evidente.
Un esempio eclatante è Coca-Cola, con un nome, una ricetta segreta e un marchio destinato a diventare eterno. L’azienda perfezionò la sua immagine con la grafica degli annunci pubblicitari, il design dei contenitori, i gadget e i testimonial, culminando con il famoso Babbo Natale che contribuì a consolidare il marchio.
Il periodo tra le due guerre fu caratterizzato da sperimentazioni. Dopo la Prima Guerra Mondiale, con l’interruzione della produzione industriale, nacquero le prime scuole d’arte e design come la Bauhaus, che cercavano di conciliare arte e artigianato con la produzione industriale. Questo periodo vide anche lo sviluppo di stili come l’Art Deco, associato al cinema, alla moda e ai beni di lusso, e l’espansione del movimento modernista.
Con il boom economico, aziende come Olivetti, con designer come Giovanni Pintori, e la Vespa di Gilberto Filippetti, trasformarono prodotti in icone trasmettendo messaggi attraverso uno stile collegato alle tendenze internazionali. Nascevano le prime agenzie pubblicitarie italiane moderne, come quella di Armando Testa, mentre Massimo Vignelli portava avanti il concetto di design responsabile e di qualità con il suo lavoro. L’evoluzione del graphic design è stata un viaggio attraverso le epoche, segnato da innovazioni, movimenti artistici e cambiamenti culturali, confermando il ruolo fondamentale che questa disciplina ha giocato nella comunicazione visiva.